UNA METODOLOGIA E I SUOI PROBLEMI

UNA METODOLOGIA E I SUOI PROBLEMI

Per festeggiare il compleanno di Lisa Morpurgo e la sua opera mi fa piacere pubblicare un suo scritto molto esplicativo del suo pensiero. Lisa Morpurgo è stata e sarà sempre una Maestra con la M maiuscola specialmente per chi come me cominciò a studiare astrologia con il suo metodo e con più di una, delle sue allieve. Grazie Lisa.

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(5° Congresso di Studi Astrologici di Lisa Morpurgo – Varese -1982)

La quinta edizione di questo congresso suggerisce, come vuole la consuetudine, qualche commento e una piccola celebrazione morale. Poiché il pubblico che ci segue è fedelissimo, alcuni tra voi ricorderanno un remoto sabato del 1978, quando un gruppo sparuto di relatori si presentò alla biblioteca comunale di Laveno per esporre alcune ricerche astrologiche elaborate con una metodologia nuova. Fu un gesto coraggioso, anzi quasi avventato, poiché i relatori non erano famosi e l’annuncio venne dato solo da alcune radio private locali. Confessiamo ora che il vedere quel giorno una quarantina di persone in sala ci parve un miracolo.

Queste persone si sono moltiplicate nel tempo e non trovo parole per ringraziare coloro che, giungendo anche da punti remoti della penisola, hanno fornito ai nostri lavori un appoggio preziosissimo e costante nel corso di quattro anni.

Come dissi allora, ripeto anche oggi che siamo sempre aperti alla collaborazione con chi ha capito la natura dei nostri studi, ma per facilitare un futuro dialogo ritengo utile chiarire alcuni punti fondamentali su cui poggia la nostra scuola.

Qual è la differenza tra l’astrologia che noi stiamo portando avanti e quella praticata da chi ritiene intoccabile la tradizione? Possiamo rispondere subito che la differenza che corre tra l’applicazione ragionata di una metodologia e l’uso non ragionato di una tecnica. Quando incominciai a analizzare i primi temi natali, verso la metà degli anni Sessanta, e li accostai ai trattati di astrologia di cui allora disponeva il mercato, ebbi la netta impressione che l’astrologia funzionasse malgrado gli astrologi. Oggi, con una maggiore esperienza e alcune notevoli scoperte alle mie spalle, posso addirittura dire che l’astrologia funziona a dispetto degli astrologi, Ciò che più mi colpì a quei tempi fu la totale mancanza di un criterio di analisi nelle informazioni fornite dai testi. Si trattava in realtà di precetti espressi in termini fideistici e catechistici mescolati a qualche nozione pratica che sembrava basata sull’esperienza, ma che con un minino controllo sperimentale rivelava campata in aria. Voi tutti avete sufficiente dimestichezza con questo tipo di trattati di astrologia perché io possa riassumerne in poche parole lo schema:

1) Si inizia di solito con una descrizione dei segni che viene a coincidere puntualmente con la descrizione delle persone nate in quei segni. Il che, come spiegherò meglio in seguito, è un grave errore poiché si sopprime la causa parlando solo dell’effetto. Inoltre il “tipo Ariete” e il “tipo Toro” subisce una generalizzazione arbitraria che a volte si estende anche alle caratteristiche fisiche con effetti disastrosi. Il profano che legga in Sementovski “Lo Scorpione è quello che meno degli altri corrisponde a ciò che comunemente si chiama bellezza umana” e rammenti la glaciale e perfetta bellezza della Scorpione Grace Kelly, ora principessa di Monaco, non sarà invogliato a studiare astrologia. La pretesa di avanzare certezze facilmente smentite mi parve subito il tallone d’Achille dell’astrologia tradizionale, e il giusto bersaglio dei suoi avversari.

2) Segue poi, in questi trattati tradizionali, una descrizione dei pianeti ancora più fideistica di quella dei segni poiché meno controllabile da quell’esperienza, sia pure superficiale e basata sui grandi numeri, che offre la regolarità del passaggio del Sole nei segni. Voglio dire che se la regolare presenza del Sole in Ariete o in Sagittario finisce col fornire effetti di una certa costanza, sebbene non riducibili alle aberranti descrizioni di cui sopra, altrettanto non si può dire di Saturno o Marte o Urano. E qui mi si chiarì un punto fondamentale su cui feci leva per arrivare prima a un criterio di analisi e poi a una metodologia. Nei testi tradizionali il Sole veniva identificato col segno solare del soggetto e dunque si attribuiva a un unico elemento, il segno, ciò che dipendeva dalla somma di due elementi: il Sole più il segno. Nel caso degli altri pianeti si tendeva invece a compiere l’operazione opposta, e sebbene i testi elenchino varie descrizioni di Marte in Sagittario o Saturno in Toro, il rapporto pianeta-segno è visto in modo superficiale e nozionistico e, salvo brevi accenni alla posizione di esaltazione o di domicilio del pianeta in questione, non si parla mai di eventuali affinità o non affinità con la natura dei pianeti signori di quel segno.

Il mio ragionamento fu allora questo: se è la presenza del Sole in un segno a dare a quel segno certe caratteristiche che vediamo descritte in tutti i testi, perché negare tale facoltà agli altri pianeti? Perché ignorare, salvo brevi cenni un po’ distratti, l’importanza delle posizioni planetarie privilegiate che persino il monco zodiaco tolemaico ci indica con tanta chiarezza, ossia i domicili, gli esili, le esaltazioni e le cadute? Perché accettare a occhi chiusi la nozione che i Gemelli sono diversi sia dal Toro sia dal Cancro anziché supporre che tale diversità sia prodotta dall’ingresso del Sole in un settore dove il terreno per la sua azione è già stato predisposto dalle affinità ideali tra i pianeti che lì hanno il loro domicilio o esaltazione?

Da qui il principio essenziale che dettò la mia Introduzione all’astrologia: sono i pianeti che producono i segni, e quella che viene chiamata la tipologia Scorpione o la tipologia Pesci è il prodotto di una particolare combinazione tra il Sole, Marte, Plutone e Mercurio o tra il Sole, Giove, Nettuno e la Luna.

Ciò mi permise subito un ulteriore passo avanti: l’astrologo tradizionale, concluse le sue nozionistiche descrizioni teoriche, non si cura di analizzare perché certe petizioni di principio non corrispondono in molti casi alla realtà. La grande, grandissima differenza di tono tra le dichiarazioni programmatiche e la loro applicazione pratica fu un’altra delle cose che più mi colpirono nei sacri testi dell’astrologia. E attraverso una serie di considerazioni giunsi via via a una constatazione apparentemente sbalorditiva: gli astrologi erano i principali interessati a che le affermazioni teoriche coincidessero solo in misura scarsa o minima con i controlli pratici, lasciando così ampio spazio alla fiducia nel caso e nel libero arbitrio. Chi non mi crede può trovare press’a poco le mie stesse parole, nero su bianco, nei libri di André Barbault che è senza dubbio il più intelligente degli astrologi tradizionalisti e non poteva ignorare il problema con troppa disinvoltura. L’astrologia, secondo Barbault, si esprime per grandi linee, traccia tendenze generali del carattere ma non scende nei dettagli.

Voi tutti sapete come, al contrario, la mia attenzione si sia sempre appuntata sul dettaglio. Le sovrastrutture sociali, culturali, ambientali e le grandi possibilità di camuffamento del linguaggio possono creare confusione nell’analisi di due soggetti nati, poniamo, nello stesso giorno e alla stessa ora ma che rivelano differenze notevoli. Ma se si scopre che entrambi detestano le acciughe oppure che tra gli articoli di abbigliamento prediligono le scarpe, questa è la prova che l’astrologia funziona. E questo è anche il modo di far funzionare l’astrologia.

Potrei dire, e è un amico fisico a avermelo suggerito, che fissandomi appunto sui dettagli imparai a distinguere, nell’amalgama confuso dell’astrologia tradizionale, i segnali dal rumore. Posti all’ascolto di una fonte emittente, per esempio gli impulsi elettromagnetici che giungono dallo spazio, i fisici si preoccupano innanzi tutto di individuare il minimo indizio di regolarità, per esempio una regolarità di frequenza o di durata. Allora, secondo una terminologia tecnica, fanno alzare il segnale, ossia isolano quel particolare impulso dal rumore che lo circonda e verificano se la regolarità cessa, e in questo caso il fenomeno fu casuale, oppure se prosegue, e in questo caso sanno di trovarsi di fronte a un segnale vero. Per compiere un’operazione analoga in campo astrologico io avevo, nei confronti degli astrologi tradizionalisti, un immenso vantaggio: ero ormai certa che lo Zodiaco fosse una rete di informazioni scientifiche e non il risibile relitto di un’astronomia arcaica che non poteva offrire difese logiche agli attacchi della scienza moderna. Lo Zodiaco nella sua purezza offre soltanto segnali e furono le inevitabili storture, deformazioni e errate interpretazioni accumulatesi nei secoli a soffocare i segnali sotto una nube di rumore. Senza tuttavia spegnerle del tutto poiché la quantità di informazioni offerte dallo Zodiaco è tale che molte di esse continuarono a pulsare segnaleticamente dietro uno schermo di nebbie.

Alla densità di tali nebbie collaboravano non soltanto gli errori tolemaici, ma anche la faciloneria e l’approssimazione con cui si catalogava il comportamento umano accostandolo a certi simboli astrologici. Quando Sementovski scrive che Giove corrisponde “all’ordine, alla dignità e al senso morale” dice tutto e niente, accosta tra loro valori non analoghi e indefiniti. A parte l’ordine, su cui si può arrivare a una comune base d’accordo, che cos’è la dignità? Che cos’è il senso morale? Il signore pakistano che in quest’anno di grazia 1982 ha fatto giustiziare mediante lapidazione la moglie adultera può apparire, in una certa ottica, molto interessato alla propria dignità e dotato di un profondo senso morale. Ma in un altro contesto giuridico-sociale il suo comportamento solleva orrore e indignazione. Come dissi più sopra i pregiudizi, le consuetudini e le opinioni correnti possono creare una rete di rumori assordante dove è difficile “far alzare un segnale”. Ma se invece formuliamo metodologicamente un altro tipo di ipotesi di lavoro (termine per altro ignoro agli astrologi tradizionalisti) e osserviamo che 1) quando Giove è bene aspettato il soggetto ama spesso il cibo, 2) i nativi del Toro, dove Giove è esaltato, sono spesso ottimi buongustai, 3) i nativi del Sagittario, dove Giove ha il suo domicilio primario, sono spesso mangiatori formidabili, ci troviamo di fronte a un fenomeno semplice e universalmente accettato – il desiderio di mangiare, il buon palato e il buon appetito – che si ricollega puntualmente sia alla posizione di Giove nel tema natale, sia a due delle sue posizioni schematiche: esaltazione e domicilio primario. Perché la terza posizione, il domicilio base in Pesci, sembra esclusa? Ricorriamo ancora una volta allo schema zodiacale e troviamo la risposta: sia in Toro sia Sagittario Giove si trova affiancato il pianeta X, il che non avviene in Pesci, e dunque l’appetito o la voracità possessiva, l’oralità come dice la psicanalisi, pur essendo indubbiamente legata a Giove-bocca, viene stimolata in modo particolare quando Giove è associato a X. E d’altra parte, il meccanismo sessuale dell’utero-vagina, corrispondente a X, può essere benissimo paragonato a una suzione divorante. Siamo dunque riusciti a avere una serie di conferme della nostra ipotesi di lavoro che rispondono sia alla logica zodiacale sia alla meccanica, se vogliamo chiamarla così, di due fenomeni semplici: il mangiare e il fare l’amore (al femminile). Inoltre, lavorando metodologicamente sul problema, abbiamo raffinato e ampliato le nostre possibilità di conoscenze e di analisi delle funzioni simboleggiate da Giove e da X, per cui risulta ancor più chiaro il filo logico che lega la bocca al cibo alla voracità al possesso alle ricchezze e al denaro, ancora simboleggiato da Giove. Infine, per un singolo fenomeno come l’appetito, possiamo disporre di una varietà di cause concomitanti tale da giustificare molte sfumature interpretative. Se per esempio a un bel Giove natale non corrisponde un bell’appetito, possiamo scommettere a priori che il tema presenterà lesioni del Toro e/o del Sagittario, oppure una prevalenza di valori anti-Toro o anti-Sagittario, come i Gemelli e lo Scorpione. A questo proposito voglio segnalare che le funzioni zodiacali a volte si camuffano e seguono vie tortuose per venire alla luce. Amici comuni mi hanno assicurato che il regista Buñuel, Scorpione, non disdegna affatto il cibo. Ma nei suoi films affiora un’ironia anti-alimentare addirittura eclatante, se mi consentite il francesismo. Nel Fascino indiscreto della Borghesia gli attori, sebbene stiano per iniziare un pasto almeno una decina di volte, non riescono mai a mettere un boccone in bocca, e in À nous la liberté, non ricordo il titolo italiano, gli invitati a cena si siedono su gabinetti e leggono riviste illustrate. Quando la fame è irresistibile, si scusano, si alzano, e vanno in uno stanzino pudicamente chiuso a chiave per addentare un sandwich. La lettura mi sembra chiara: bisogna vergognarsi di mangiare ma non di defecare, il che corrisponde alla simbologia Scorpione-ano-defecazione. Buñuel riesce a vivere questa simbologia pur mangiando, lui personalmente, con buon appetito.

Ricadremmo tuttavia in un errore nozionistico se affermassimo categoricamente: tutti gli Scorpioni preferiscono il gabinetto alla sala da pranzo, il che si presterebbe ovviamente a dure smentite. Noi sappiamo invece quante sono le ramificazioni progressive di Giove-bocca e sappiamo dunque che lo Scorpione, per esprimere la sua non-giovialità, potrà sfruttarne altre contestando per esempio il desiderio di stabilità o l’uso didascalico della parola. Il lavoro di analisi compiuto su Giove l’abbiamo esteso a tutti i corpi celesti riconducendo per esempio l’attivismo solare al principio della combustione di energia, o la violenza marziana alla meccanica sessuale del membro virile. E quali sono i vantaggi di questo metodo? Prima di tutto si parte da un dato reale semplice anziché da concetti fumosi, quali appunto la “dignità” o “il senso morale”. Si controlla se e quanto il fenomeno è riconducibile alla posizione natale o privilegiata di un dato pianeta. Si scarta o si modifica l’ipotesi se il controllo dà un risultato negativo o parziale, mentre in caso di conferma si opera un collegamento che raggiunga il più possibile il nocciolo originario del simbolo, conquistando così una piattaforma interpretativa di grande solidità. In secondo luogo, la messa a punto metodologica dei simboli presenta una gamma interpretativa tale da consentire ampie possibilità di verifica, e ciò che per l’astrologia tradizionale è una conturbante smentita diventa invece conferma. Per esempio, se una persona ci dice di aver avuto, in un certo periodo, una bronchite o un’otite o una frattura del polso, possiamo ipotizzare un transito negativo sul Mercurio natale con una certezza dell’ottancinque per cento. In terzo luogo, la motivazione di certi modi di agire e di pensare diventa chiarissima, e ci permette di smontare pazientemente e diplomaticamente il castello di bugie volontarie e involontarie costruito dai consultanti, e che somiglia come una goccia d’acqua ai castelli di bugie costruito dai pazienti degli psicanalisti.

Leggere un tema natale quando si dispone di una così ricca conoscenza dei simboli non è soltanto facile, ma diventa anche una gioia esaltante. Lo sguardo corre su segni, case e raccordi planetari come una mano sulla tastiera di un pianoforte accompagna lo svolgersi di una melodia, si arresta su una dissonanza, scopre il ripresentarsi di un leit-motiv. E il tutto finisce per comporsi in un quadro comportamentale e psicologico di grande chiarezza.

L’applicazione della metodologia, infatti, non ci consente solo di perfezionare la lettura dei temi natali, ma ci fa penetrare sempre più a fondo nella comprensione del comportamento umano che sembra obbedire, grazie a una lunga serie di ingegnosi e camuffati ricordi, a impulsi primordiali racchiusi nel sistema planetario. Il che, per molti, non è affatto piacevole. Da qui i violenti meccanismi censori che hanno bloccato, di fronte all’astrologia, sia i suoi nemici sia gli astrologi stessi.

So benissimo che molti dei nostri estimatori ritengono che l’analisi astrologica da noi proposta sia una delle molte fiorite nel corso dei tempi e tanto più utile se accostata a altre. Al contrario posso affermare, non per presunzione ma per esperienza diretta, che quest’opera di sincretizzazione è sterile e dannosa.

Non dico che l’astrologia tradizionale non abbia mai prodotto novità nel corso degli ultimi decenni, ma si tratta nella maggioranza dei casi di novità tecniche, ossia di sistemi basati sui calcoli che dovrebbero funzionare una volta per tutte, come ad esempio i midpoints della famiglia Ebertin. Di quando in quando mi sento dire che in certi casi questi sistemini danno risultati. Mi stupirebbe il contrario. Poiché bene o male, e sia pur con la aggiunta di schemi aberranti, questi sistemi tengono conto delle posizioni planetarie, dei segni e delle case, la probabilità vuole che, sia per coincidenza fortuita, sia per la legge di compensazione dell’errore i loro responsi finiscano a volte col coincidere con quelli di una sana astrologia. Ma il principio ispiratore del procedimento rimane inaccettabile, poiché chi delega l’interpretazione a un sistema o a un calcolatore rinuncia a riflettere, a pensare.

In altri testi che non propongono sistemi ma si limitano a elaborare il catechismo tolemaico, appare a volte l’interpretazione esatta di una singola posizione planetaria, ma la casualità ne annulla il valore. Si tratta pur sempre di una nozione che viene applicata a altre nozioni in un accumulo meccanico. Ciò che manca è il collegamento tra l’osservazione sia pure attenta di un fenomeno ai molti fili che riconducono il fenomeno al pannello centrale degli impulsi simbolici.

Come scrisse Isaac Asimov:

“È possibile trovare nella mitologia celtica, nel folklore africano e nella letteratura ebraica qualcosa che ci ricorda, in modo anche impressionante, qualche grande scoperta della scienza moderna. Ma ciò che ci impedisce di attribuirle un’importanza scientifica è la totale assenza di metodologia, ossia di un criterio di analisi e di ragionamento che sia alla base di un’osservazione e consenta poi di passare da questa a altre osservazioni in una concatenazione logica.”

E qui sta il punto. Una rigorosa metodologia applicata alla decifrazione dello Zodiaco e alla sua interpretazione non è un episodio come tanti della storia dell’astrologia: è una rivoluzione globale. Supporre che si possa procedere negli studi astrologici un po’ con un metodo e un po’ con un sistema dando un colpo al cerchio e un colpo alla botte significa sprecare il proprio tempo nella penombra di una cantina senza combinare nulla di buono.

Di quando in quando qualche amico in perfetta buona fede mi consiglia di scendere a compromessi con l’astrologia ufficiale e di prendere in considerazione quanto i suoi esponenti vanno dicendo. Confesso che lo ritengo, oltre che inutile, umiliante sia per me sia per i tradizionalisti perché mi presterei a una finzione ludica, come quando si lascia credere a un bambino di due anni che chiudendo gli occhi si è reso invisibile. Contrariamente a quanto si suppone, la mia disponibilità al colloquio è grande, purché si parta da una base minimamente accettabile. E invece, a più di dieci anni dalla sua pubblicazione, lo schema delle esaltazioni non è mai stato contestato con argomenti geometrico-logici, ossia con gli stessi criteri che ne consentirono la ricostruzione, ma con frasi come “Urano sta bene in Scorpione” oppure “Plutone sta bene in Pesci” il che è irrazionale e emotivo e si riduce a pura aria fritta, come disse uno dei nostri nemici. Poiché stiamo parlando chiaro, vorrei infine rispondere brevemente all’accusa che mi viene rivolta: “Non si possono cancellare duemila anni di tradizione”. Non affronto l’argomento per polemica, ma perché la ripetizione ossessiva di questa frase mi è venuta a noia. Diciamo subito che se la tradizione ha duemila anni non coincide affatto con l’astrologia, che ne ha più di cinquemila e ho buone ragioni per supporre che Tolomeo fece il più possibile per cancellare quanto di meglio avevano prodotto i tremila anni precedenti. In secondo luogo, chi afferma “non si può cancellare la tradizione” esprime una mentalità nostalgico-conservatrice che non può limitarsi a difendere solo la tradizione astrologica, pena il ridicolo.

In altre parole, chi vuole fermarsi a Tolomeo dovrebbe fermarsi anche a Esculapio e anziché andare dal medico a farsi fare le radiografie dovrebbe curare ogni suo malanno con salassi, cataplasmi e clisteri. Infine, non dimentichiamo che quando la tradizione è stata sconvolta dai “sistemi”, e lo fu più volte, tanto che oggi c’è che va farneticando di oroscopi eliocentrici, non si è mai udito un grido di protesta. Solo un approccio intelligente e metodologico ai simboli zodiacali solleva scandalo, il che prova che gli astrologi tradizionalisti sono i primi nemici del trionfo dell’astrologia, come volevasi dimostrare.

Anziché dimenticare o distruggere la tradizione, la nostra scuola ha recuperato quanto di autentico si fosse salvato della grande astrologia originale sulla zattera tolemaica, e con pazienza archeologica ha ripulito relitti e riportato alla luce il tracciato perfetto del labirinto zodiacale. Per addentrarvisi occorre una grande curiosità intellettuale e un notevole coraggio. Ma la strada imboccata è quella giusta e non si tornerà più indietro. Voi tutti siete qui per dimostrarlo.

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