Predizioni, previsioni e…presensazioni

Predizioni, previsioni e…presensazioni

PREDIZIONI, PREVISIONI E… PRESENSAZIONI

di Sandra Zagatti
Pubblicato nel n.128 di LINGUAGGIO ASTRALE

Tra i tanti aspetti delicati della nostra professione, quello delle previsioni sembra essere in prima fila. Qui, infatti, le opinioni ed i comportamenti possono differenziarsi fino agli estremi opposti, e troviamo bravissimi astrologi che spiegano la loro scelta in merito con motivazioni diverse ma, spesso, altrettanto convincenti.

Gli atteggiamenti principali (non perché siano la maggioranza assoluta ma perché si riferiscono a veri e propri “principi”, etici o professionali) sono i seguenti:

1) Non faccio MAI previsioni, perché l’astrologia deve servire a migliorare sé stessi, o meglio a diventare sé stessi, integrando le parti di noi che non conosciamo, accettando quelle che rifiutiamo, utilizzando i valori forti del nostro tema per sostenere quelli deboli, e insomma cercando di capire quale sia la nostra realtà più autentica e completa, il nostro significato e la nostra direzione. Il tempo ci aiuta in tale processo, ma ipotizzare accadimenti futuri, interni od esterni che siano, equivale a negare la libertà di esperienza: quella che non solo ci permette di vivere diversamente gli eventi esistenziali ma che a volte addirittura ci spinge verso alcuni piuttosto che verso altri. Soprattutto, equivale ad interpretare il futuro con la consapevolezza del presente, e quindi ad influenzarne l’espressione, negando con ciò il diritto-dovere di modificarci nella consapevolezza e nell’approccio stesso alla vita.

2) Faccio SEMPRE previsioni, perché l’astrologia deve servire anche e soprattutto ad affrontare meglio la vita, a capirne i ritmi e i cicli, distinguendo quelli che ci riguardano da quelli che semplicemente ci coinvolgono o addirittura ci ostacolano, così da poter tutelare il nostro cammino e la nostra tranquillità interna ed esterna. L’etimologia stessa del termine “oroscopo” ci ricorda che il nostro compito è quello di osservare il tempo, non solo per venirne trascinati passivamente ma per scrutarne le possibili direzioni e quindi prepararci di conseguenza. Lo sguardo sul futuro è un dovere dell’astrologo ed un diritto del suo consultante, la cui insicurezza od infelicità è dovuta in grossa misura al sentirsi in balia di un incognito divenire.

Ovviamente ho semplificato, ed è giusto sottolineare che molti astrologi si situano in una via di mezzo tra questi due atteggiamenti, valutando di volta in volta ciò che è necessario, possibile o più opportuno. Esistono comunque atteggiamenti ancora più estremi: e c’è chi fa solo previsioni negative, per pessimismo naturale o perché raccoglie le ansie dei suoi consultanti (nessuno si preoccupa di ciò che può andar bene!), senza magari rendersi conto che in tal modo li educa appunto alla paura; ed anche chi le fa sempre rosee, perché “via, bisogna pensare positivo!”, ma così facendo rischia di de-responsabilizzare il consultante nei confronti delle esigenze di crescita che la vita gli ricorda, anche attraverso le esperienze difficili. Che poi a questi “estremismi” sia associato un malinteso bisogno di potere è altra questione.

Personalmente, ammetto di aver percorso almeno episodicamente tutte le alternative, ritrovandomi a volte persino sbilanciata in una o in un’altra; comunque oggi affronto l’argomento “previsioni” con poche ma salde opinioni, e in un modo completamente diverso da quelli descritti e soprattutto da quelli che ho sperimentato per qualche tempo. Con me stessa, ma soprattutto con i miei consultanti, mi sforzo dunque di attuare una metodologia il più possibile onesta, ma anche il più possibile naturale e… “dolce”; un po’ come chiamiamo le cosiddette medicine alternative.

Dolce e naturale significa adattabile alla persona che ho di fronte: alla sua personalità, alla sua cultura e maturità; ma anche alle eventuali richieste che possono ulteriormente emergere col tempo, aperture o chiusure che siano. “Osservare il tempo”, appunto: ma il tempo umano, il tempo interiore e soggettivo; non un tempo scandito in modo coatto e spesso violento dall’ambiente esterno. Solo così, credo, la persona può sentirsi non “artefice” ma senz’altro partecipe del proprio destino, e quindi accettarlo ed elaborarlo in modo più utile o meno sofferto, riscoprendo la meraviglia del rapporto tra Cielo e Terra che l’astrologia da sempre onora.

Per questo voglio premettere che il mio personale modo di intendere l’astrologia rifiuta sostanzialmente l’approccio deterministico. Purtroppo spesso sono proprio predizioni quelle che il consultante cerca e si aspetta, ponendo domande tanto dirette quanto insistenti in merito a “cosa” gli accadrà, a “quando” troverà l’amore o il lavoro, e spingendosi perfino a chiedere notizie, dati di nascita alla mano, sul coniuge, l’amico o il socio. Di fronte a simili richieste io oppongo sempre un’eroica resistenza (che comprende il rischio di perdere un cliente): a volte passiva, se non posso fare altrimenti, ma più spesso pazientemente attiva, e in tal caso cerco di far capire che le previsioni sono tutt’altra cosa, che un astrologo non ha la sfera di cristallo e se l’avesse (io ne possiedo una bellissima come soprammobile!) non dovrebbe comunque usarla come strumento di potere, tanto meno sugli altri. Cerco insomma di responsabilizzare il mio consultante, coinvolgendolo nell’avventura umana della scelta: non degli eventi, ma dei comportamenti (esteriori ed interiori) ad essi più adeguati; e così sostituendo al “cosa” e al “quando” un più giusto e personale “perché”.

Solo con alcuni, con pochi, oso proporre un approccio ancor più partecipe ma anche più naturale e rispettoso, più emozionante ma anche più delicato. Non più predizioni, non solo previsioni ma… pre-sensazioni. Perché, come del passato, anche del futuro si può “sentire” la voce nel presente; e così come la consapevolezza presente plasma i ricordi trasformandoli realmente in un’esperienza diversa da quella che era stata, allo stesso modo possiamo accogliere in anticipo, richiamandoli, i significati delle esperienze future e così modificarli, o meglio modificare noi stessi grazie a loro.

Il presente è un grande catalizzatore. In fondo il tempo è una convenzione e il presente è l’unica vera “realtà” che possediamo e con cui possiamo interagire; ma a sua volta interagisce con il passato e con il futuro, offrendoci un potere non illusorio né delirante: un potere umano, personale, intimo, che in quanto tale è relativo ma non per questo meno autentico e numinoso. Troppo spesso esercitiamo questo potere soltanto nel suo aspetto di giudizio, oltretutto negativo (nostalgie, rimorsi e rimpianti da una parte – desideri, aspettative ed ambizioni dall’altra), ma è sufficiente favorire un punto di vista diverso, solo inizialmente poco spontaneo, per entrare in una dimensione incredibilmente più ampia e libera, più ricca e persino più divertente: questo è il potere di…. giocare con il tempo.

Giocare con il tempo non significa considerare il tempo un gioco: significa piuttosto capirne il senso, conoscere i suoi strumenti per comprenderne l’opera, entrare a far parte dei suoi mezzi per collaborare al suo fine. Capire che può essere nostro amico, e non solo uno sconosciuto o addirittura un nemico. Un amico importante, a volte severo o noioso o apparentemente incomprensibile, ma pur sempre un amico; di quelli che, appunto, durano per la vita.

Il tempo parla il linguaggio del nostro divenire come esseri individuali e sociali, e quindi il suo modo di comunicare non ci è ignoto: anzi, è un linguaggio che conosciamo dall’antichità ma che l’era moderna – inserendo il suo tempo, con ritmi e frequenze artificiali – ci ha fatto dimenticare. Eppure capita non di rado che il passato entri nel presente, anzi che il presente d’improvviso sia anche il passato: un’immagine, un profumo, una musica… passiamo davanti alla vecchia casa della nostra infanzia, guardiamo il giardinetto in cui abbiamo sgambettato per tanti pomeriggi estivi (com’erano lunghi! com’era più grande il giardino!), e in un attimo siamo lì: allora ed ora, bambini e adulti, e quasi sentiamo su di noi l’odore di quella pelle gioiosamente sudata. Questa pelle: la nostra. Non è un semplice ricordo; è un’esperienza al di fuori dal tempo, che pure ci parla il suo linguaggio, rivolgendosi direttamente al nostro Sé, saltando i filtri grossolani della razionalità e fregandosene delle valutazioni contingenti, del corpo modificato, del giardino ormai diversamente coltivato od arredato…

Non durano a lungo certe esperienze. Non persistono, e si sottraggono al nostro desiderio di trattenerle nel momento stesso in cui proviamo a decifrarle con la mente, come certi sogni di cui serbiamo solo l’atmosfera, la chiave sottile… tanto attraenti quanto sfuggenti. Pur fugaci, sono comunque esperienze che di tanto in tanto proviamo.

Ma ci sono altre esperienze, simili per quanto ancor meno accettabili dalla mente razionale, che ci giungono non dal passato ma dal futuro. Messaggi che arrivano improvvisi, senza essere stati richiesti o desiderati, anzi spesso proprio nei momenti in cui i pensieri e i sentimenti sono assenti, quando magari siamo occupati in semplici ed obiettive faccende. Siamo lì che laviamo i piatti, o facciamo un prelievo Bancomat, e dentro di noi avvertiamo una sorta di “clic”: un interruttore, un segnale assolutamente inspiegabile eppure a suo modo comprensibile, mentre ci dice che qualcosa è finito, qualcosa è iniziato, qualcosa… è accaduto.

Ciò che è accaduto è il nostro futuro, ma non è la stessa cosa che dire… “accadrà”. E’ accaduto ora, perché ora il tempo ha voltato l’angolo del suo ciclico percorso, indipendentemente dal fatto che noi ce ne rendiamo conto, o ne avvertiamo un consapevole desiderio o timore; indipendentemente anche dalla possibilità che realizziamo una tale consapevolezza in un mese o in un anno. Spesso infatti già l’attimo successivo alziamo le spalle, dimenticando facilmente ciò che nemmeno abbiamo “pensato”; ed asciughiamo i piatti, ritiriamo la tessera Bancomat, e tutto ricomincia anzi continua esattamente come prima, mentre il tempo riprende la sua veste convenzionale e collettiva.

La coscienza, il Sé, l’Anima… comunque vogliamo chiamare la nostra essenza più completa ed autentica, non ha tempo; o meglio usa il tempo per compiersi ed esprimersi, ma non appartiene a quella dimensione lineare e relativa – inesorabile – che appunto associamo al tempo. Il suo uso del tempo è creativo e costruttivo, anzi ricostruttivo, e proprio per questo è l’altra faccia dell’entropia ed anche dell’amnesia. Mentre dimentica, ricorda; mentre invecchia, ringiovanisce; mentre avanza, torna all’origine; ed il bambino sudato che corre nel giardinetto è paradossalmente più simile al vecchio che trascina i suoi passi, interamente concentrato in quello sforzo, che all’adulto distratto e frenetico che divora la vita senza nemmeno masticarne ed assaporarne i pezzi.

Il bambino e il vecchio vivono nel presente, pur essendo il primo fatto completamente di futuro e il secondo di passato. Noi “adulti” non siamo mai concentrati nel presente, e ci perdiamo – letteralmente – nell’assenza di realtà del prima e del dopo, zavorrandoci al passato con nostalgie commosse o risentite accuse, e rimandando sempre al futuro il momento di cominciare a vivere. Intanto il futuro si sposta sempre più avanti, ed aumenta la paura di non riuscire a raggiungerlo.

E’ proprio su questa paura che si può e si deve intervenire, ma anche sulle esagerate ambizioni, sugli eccessi di aspettative; perché mentre la paura frena, le ambizioni e le aspettative accelerano, e in ogni caso il tempo – il nostro tempo – è alterato, così da non riuscire a parlarci o a farsi ascoltare.

L’astrologia può aiutarci a regolarizzare i nostri ritmi più naturali, ripristinando la sincronia coscienziale tra il presente e il futuro in cui sta trasformandosi man mano che diventa passato. In questo senso il presente non coincide con il “contingente”, ed anzi si manifesta come la semplice proiezione, su un piano temporale leggibile, di un Tutto concepito altrimenti come lontano ed estraneo. Solo il presente è accessibile; sul presente è possibile intervenire: ma se lo vivremo come interprete tra l’essere e il divenire, allora ne riconosceremo la funzione di “diapason” ed anche il futuro risponderà di conseguenza, come un’eco, inviando verso di noi le note amplificate della nostra stessa – presente – vibrazione, e così permettendoci di accordarci consapevolmente al suo richiamo.

Ecco dunque che la previsione del futuro può diventare una “presensazione”: un sentire in anticipo ciò che il tempo ci chiederà di affrontare, ed un sentirsi già simili a ciò che diventeremo, anche se ancora palesemente diversi e distanti da quel risultato; proprio come un seme è già pianta e pure altro da essa.

Non è “magia”, né suggestione o immaginazione. E’ una reale capacità che possediamo in quanto esseri olistici, ma che il riduzionismo e le tendenze specialistiche della nostra era hanno offuscato e tradito. Per ricordare, per far riemergere questa conoscenza dal cassetto dell’oblio in cui tanta nostra Natura è finita, io uso spesso i profumi; ed anche i colori, e le immagini spontanee, provenienti dai sogni o dalla fantasia. L’aromaterapia, infatti, ha un caratteristico ed unico potere selettivo, laddove gli oli essenziali (purché naturali e puri) saltano i filtri razionali della corteccia e giungono direttamente a stimolare il cervello limbico, sede della memoria, delle emozioni, degli stimoli onirici. E così interrogo il futuro, applicando una metodologia (se così può chiamarsi) apparentemente passiva, ma attiva ed attivante su piani sottili. E’ sufficiente impegnarsi in poche e semplici cose, rimanendo aperti e disponibili: arriverà il momento in cui le conclusioni verranno da sole, e non saranno né forzate né soltanto intellettuali o filosofiche… Semplicemente saranno lì, già realtà fuori e dentro di noi, come i funghi che, crescendo invisibili sottoterra, quando spuntano sono maturi e completi, pronti da raccogliere.

Utilizzando gli oli essenziali corrispondenti ai principali transiti che si vogliono analizzare (le associazioni tra valori astrologici e piante, colori, aromi si trovano in diversi testi e non starò a dilungarmi con un elenco), si vanno di fatto a stimolare precise assonanze, e la reazione all’aromaterapia fornirà moltissimi suggerimenti sul nostro modo di reagire al significato dei pianeti coinvolti e alla loro esperienza presente, passata e futura. Fastidio, piacere, agitazione, disagio… ogni sensazione è una chiave da interpretare, un messaggio proveniente da noi che, così stimolato, si esterna e quindi può essere decifrato. Per questo io suggerisco di tenere un diario, in cui annotare gli stati d’animo, le sensazioni anche fugaci che proviamo, senza dare alcun giudizio di valore ma con la massima precisione possibile; a queste note aggiungeremo la descrizione di sogni o ricordi affiorati. Eventualmente potremo usare nel vestiario colori corrispondenti, anche semplicemente con fazzoletti, accessori o fiori sulla scrivania. Sarà inoltre molto utile riflettere sulle case coinvolte dai transiti o segnalate dalla Rivoluzione Solare in corso e prossima: magari annotando, di getto e senza ragionamenti, alcune frasi, parole o immagini che spontaneamente associamo ai settori di esperienza da esse rappresentati.

Dare un nome alle cose (il loro nome) prima di sperimentarle ci permetterà poi di affrontarle come se già le conoscessimo, almeno in parte. Un nome, ripeto, non un giudizio: non una valutazione di preferenza o di rifiuto, ma una motivazione, una forma ed una funzione congrua all’organismo a cui appartengono (il nostro corpo, il nostro lavoro, i nostri affetti, noi stessi) e quindi un significato. Come ogni bravo erborista sa, col tempo gli oli essenziali si “sintonizzano” (tra loro, se sono miscelati, o con il nostro odore e umore), ed è quindi interessante osservarne e commentarne i cambiamenti: ciò corrisponde esattamente al processo che anche noi dobbiamo compiere, integrando il significato dei pianeti transitanti e transitati in un unico messaggio per noi.

Indubbiamente si tratta di un approccio al futuro – ed alla sua analisi astrologica – completamente diverso da quello a cui la maggior parte di noi è abituata. Certo non va affrontato con superficialità o disattenzione: anzi, per ottenere risultati positivi è fondamentale dedicare un po’ di tempo e molta attenzione a certi compiti quotidiani, senza essere approssimativi o distratti, e questo anche per mesi: saremo noi a sentire il momento giusto per iniziare e per concludere, ma ciò dipenderà dalla capacità di mantenerci disponibili senza fretta, oltre che dall’importanza dei transiti che ci coinvolgono. In ogni modo qualcosa comprenderemo: non subito e, ovviamente, nemmeno tutto; né con un simile atteggiamento ci preserveremo dagli ostacoli e dalle fatiche che l’esistenza comunque comprende. Però ci sentiremo più coinvolti, più utili e preziosi, più “necessari” a noi stessi, riscoprendo in tale opera una dignità che la sola paura o il solo desiderio mai potranno trasmetterci.

Ciò che ci aspetta domani probabilmente non sarà una rinascita trionfale, ma nemmeno una perdita. Sarà Vita. Forse più bella, forse solo più vera, comunque più nostra: sempre di più. Andiamo avanti, andiamole incontro.

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